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Il consumo del suolo: "campagna romana" addio?

L'area di Tor Carbone prima delle edificazioni

L'area di Tor Carbone, prezioso lembo di campagna romana scomparso in seguito alle recenti edificazioni.

Il nuovo PRG che il Comune di Roma sta discutendo in questi giorni, al di là dei tecnicismi economici ed edilizio-legislativi, presenta un dato che sopra ogni altro rappresenta in modo chiaro e univoco l'emergenza che esso rappresenta per la città. Su di una superficie complessiva del comune di Roma pari a 129.000 ha, di cui oltre 30.000 ha costituiscono la città consolidata, quella oggi esistente, vengono previsti ben 11.000 ha di nuove edificazioni: una perdita inaccettabile dal punto di vista ambientale che comprometterà per sempre il paesaggio dell'Agro.

Tutti gli abitanti di Roma, in particolar modo quelli delle periferie, hanno tutti i giorni sotto gli occhi ciò che è accaduto a quello che un tempo veniva definito "deserto apostolico", ovvero a quella sterminata distesa di colline, vallecole, altipiani, profumata di camomilla e finocchiella, solcata da piccoli corsi d'acqua e ricca di boschi: oggi ciò che resta dell'Agro, i famosi 88.000 ha tanto sbandierati dal comune come "sistema ambientale", si presentano per lo più come una serie di piccole aree inframmezzate a nuclei abusivi, aree industriali e artigianali cresciute senza controllo, un condono dietro l'altro. Inoltre c'è da tenere presente le espansioni dei comuni confinanti, Bracciano, Pomezia, i comuni dei Colli Albani, l'area Tiburtina, che in alcune zone sono andati a saldarsi con Roma: ad esempio lungo la Tiburtina, dove non esiste in pratica soluzione di continuità fra Roma e Tivoli.

Solo in poche zone esiste ancora un'unità paesaggistica relativamente integra, come per esempio nella zona compresa fra Aurelia e Cassia e quella fra C.Colombo e Appia. Una pianificazione saggia avrebbe salvaguardato accuratamente queste zone, anche in considerazione dell'elevatissimo valore ambientale presente con i sistemi Appia-Decima-Castel Porziano e quello Veio-Litorale-Bracciano. Purtroppo il nuovo PRG prevede al contrario una serie di piccole aree di nuove edificazioni, come ad esempio quelle previste lungo la via Laurentina, che sia pur di limitata estensione, provocano un danno indotto gravissimo.

Il comune di Roma si è dotato, in aggiunta a quelli già elaborati, di un bellissimo strumento, la "Carta dei suoli di Roma", che fra le altre cose descrive approfonditamente le caratteristiche fisico-chimiche dei terreni. In altre capitali europee e non, strumenti simili costituiscono una delle basi della pianificazione, intesa nel senso del non-consumo dei terreni più fertili e utili all'agricoltura.

Il nuovo PRG avrebbe dovuto in sostanza avere nei suoi parametri di valutazione delle aree un incrocio fra rete ecologica, carta dell'Agro, rete dei trasporti su ferro, carta dei suoli. Quindi progettare le eventuali espansioni, della cui necessità non siamo tuttora convinti, secondo una valutazione accurata di tutte queste variabili, ovviamente associate anche alle necessità urbanistiche.

Il piano oggi in discussione di sicuro non ha fatto questo, obbedendo evidentemente ad altri tipi di valutazione ed altri tipi di esigenze; arrivando a pianificare strade e ferrovie all'interno di aree protette di elevatissimo pregio; ad assediare le poche aree di valore, circondandole di nuove edificazioni che andranno a costituire, dietro le successive ed ovvie esigenze dei cittadini, delle teste di ponte per successivo consumo di suolo e perdita di valori ambientali.

In sostanza la perdita di valori di biodiversità, paesaggistici, storico-archeologici, agricoli che questo piano comporta non lo discosta affatto dai precedenti. Esso avrà comunque il medesimo effetto: una città caotica, inquinata, una periferia brutta da un lato; dall'altro, una "campagna romana" distrutta per sempre.

(Gennaio 2006)

 

 

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